SCOPERTO NUOVO LINGUAGGIO "SUPER GEROGLIFICO"
LOGARCHEOLOGIA (ARCHEOSOPHIA)
Una stele egizia detta stele dell’Inventario fa scalpore tra gli egittologi poiché, raccontando l’epoca di Cheope, descrive il faraone impegnato nella restaurazione della Piramide, supponendo così che essa fosse già presente all’epoca del Faraone. Considerata eretica, la stele crea scompiglio tra gli egittologi, però alcuni la considerano un elemento chiave nella decifrazione del topogramma della piana di Giza. A questo punto il ricercatore Vasile Droj scopre l’interrelazione tra la Stele dell'Inventario, la configurazione delle piramidi e la Sfinge, tutto coordinato in base al principio restauratore del “Rettangolo faraonico” detto”dinamico”. Egli scopre che la Stele dell'Inventario è un vero strumento, un manuale di insegnamento e uso del “Rettangolo dinamico”, fulcro dell’architettura egizia. Nella rispettiva stele sono configurate impressionanti equazioni matematico geometriche che nascondono un nuovo linguaggio assieme al suo alfabeto matematico-geometrico, molto aldilà di quello geroglifico. A partire da questa nuova “Stele di Rosetta” si apre la strada per una nuova lettura e interpretazione, l’autore proponendo il passaggio ad un nuovo approccio dell’Archeologia con l’accento sul perché e la ragione nascosta dei suoi artefatti. La nuova impostazione propone una fase: “Archeologia 2.0” abbinata a “Egittologia 2.0” espressa attraverso una nuova disciplina “Logosarcheologia” o semplicemente “Logarcheologia” che abborda esclusivamete la conoscenza sistemica.
L’antico Egitto cumula un’infinità di prodotti archeologici di cui è comprensibile l’epoca di provenienza, a volte anche nei particolari, dalle piramidi ai bassorilievi fino alle stele con i loro geroglifici. Grazie a questa contabilità cronologica è stato possibile ricostituire un percorso storico millenario con la precisione che attribuiamo oggi ai secoli passati. Tra tanti rimarcabili reperti archeologici egizi ne spunta uno che fa molto scalpore e che, se preso in considerazione, potrebbe innescare una vera rivoluzione copernicana. Si tratta di una stele che nasconderebbe il segreto della necropoli di Giza. La stele in causa si chiama la “Stele dell'Inventario” (fig. A) e ora si trova al Museo egizio del Cairo e si riferisce a eventi molto remoti svoltisi all'epoca del faraone Cheope durante il Regno Antico della IV Dinastia.
La Stele dell'Inventario racconta vari lavori svolti sulla piana di Giza per risanare la piramide di Cheope. Quello che sorprende nel testo è il fatto che la dea Iside viene chiamata come “Signora delle piramidi”. L’egittologa Christine Zevie-Coche considera questa stele come essenziale per capire dettagli topografici della piana di Giza poiché nelle sue vicinanze ai tempi si ergeva proprio il tempio della Dea. Questa intuizione soltanto enunciata fu scoperta e decifrata nei dettagli dal ricercatore Vasile Droj già nel 1984, quando decriptò passo a passo il topogramma ultra segreto della piana di Giza contenente le piramidi di Cheope, Chefren, Micerino e la Sfinge. D'altronde Iside fu percepita da sempre come colei che nasconde i misteri velandoli, non a caso si parla tanto del famoso “velo di Iside”.
Nella stele “eretica” dell’Inventario si afferma che il faraone Cheope seguì i lavori di restaurazione sulla piana di Giza per risanare la piramide, affermazione di enorme portata poiché dimostra che la piramide esisteva già e perciò non venne eretta da lui. Secondo la stele si viene a sapere che accanto alla piramide di Cheope si trovava all'epoca il tempio di Iside, dinanzi al quale c’era la Sfinge. Nell’ultima parte del testo della stele è scritto” Ciò che egli trovò in rovina, ora è restaurato”. Ma ancor prima, il testo della stele parlando di Iside come la “Signora delle Piramidi” accenna anche al tempio di Osiride, il Signore di Ro-Setau come l’insieme della necropoli di Giza inclusa quella sotterranea.
Ebbene sarebbe proprio questo Ro-Setau o Ro-stau, Re-stau a chiarire la restaurazione delle piramidi come deducibile dal proprio nome RESTAU = RESTAU-RA-ZIONE. Il complesso piramidale di Giza era il luogo di ristorazione del corpo dei faraoni (dei loro ka) ma specialmente dell’Akh assieme all’Ankh, attraverso la geometria. In fine RESTAU, vuol dire “quel che RESTA”, dopo che era fatta la RESETTA-zione analogicamente alla resettazione di un contatore, “count-down”. Agli egizi assetati dell’Eternità interessava soltanto “ciò che resta”. Ci sono indizi che la parola “Ro-setau” fu codificata attraverso codici greco latini che in origine non furono posteriori a quelli faraonici, ma li precedettero stando alla base di un “codice linguistico ancestral universale” che percorse i millenni e per cui la stessa “Biblioteca di Alessandria” è stata concepita. Fu per questo che Alessandro Magno ebbe tanto successo in Egitto ma anche in tutta l’Asia.
Il principio RO-STAU→RESTAU ossia di RESTAURAZIONE attraverso la RESETTAZIONE è un principio feed-back ossia rullare indietro, ecco: RESET ß> TESER nel quale TESER non è altro che il verbo tessere “Tessere, una tela”. Il binomio TESER↔RESET vuol dire tessere cioè costruire e poi resettare o disfare, decodificare, e infine far RESTARE ciò che ci serve, secondo la formula triadica: TESER-RESET-RESTA. La procedura è simile alla Trimurti indù: Brahma-Shiva-Vishnu ossia “costruisci-distruggi-conserva”. Il principio egizio Ro-Setau “RESTAU” è un principio universale attraverso cui s’impara a saper tessere o “ben fare le cose” per ottenere la “TESSERA”, l'Ankh senza il quale non si riesce a passare nei mondi superiori. Simile all’adagio scritto sul frontespizio del Tempio dell’Accademia greca: “Nessuno entra qui se non è geometra”.
Il fascino della geometria per gli antichi egizi nasceva dalla convinzione che essa porta per forza alla Verità. Consideravano che accanto alla geometrizzazione grafica esistesse anche una “geometrizzazione semantica” ben nascosta all’interno di una “lingua perfetta” dotata persino di un alfabeto geometrizzato. Ebbene questa lingua era ed è il greco-latino, che misteriosamente codifica anche la geometrizzazione delle lettere e delle idee in un genere di IDEOLOGIA Suprema: nient’altro che la “Logica delle Idee Universali”.
ROSETAU, OSSIA LA RESTAURAZIONE ATTRAVERSO LA GEOMETRIA DIVINA
La Stele dell'Inventario che parla della restaurazione della piramide di Cheope, di conseguenza già esistente ai tempi di Cheope, crea molto scompiglio tra gli addetti ai lavori egittologici. E questo è soltanto l’inizio poiché la “stele eretica” è infinitamente più promettente. Essa si presenta come una vera “stele di Rosetta” capace di svelare un mondo di cose mai viste. Scherzo del destino o no, dietro questa stele si nasconderebbe il famoso “rettangolo faraonico” detto anche “rettangolo aureo”, o “rettangolo dinamico”. Per gli egizi i quadrati e i cubi erano sacri, simbolizzando l’essenza archetipale del mondo, che però una volta diventati rettangoli dovevano essere “inobliati” ossia “diagonalizzati” cioè avere l’altezza del rettangolo uguale alla diagonale del quadrato di partenza. Poi la diagonale del rettangolo appena ottenuto diventava a sua volta l’altezza di un successivo rettangolo e così via all’infinito. La procedura era anche pratica poiché serviva sia alla standardizzazione degli spazi sia dei blocchi di pietra secondo la loro forma e assemblaggio (vedi il libro dell’autore ”Il Codice di Pensiero Ancestral Universale – Arcana delle Piramidi” Edizioni Universologia 1995).
LA "RESETTAZIONE" SECONDO IL PRINCIPIO "RESTAU" INCISO NELLA STELE DELL'INVENTARIO
Quello che è stato creato e tesserato TESER e RESETA dimostrerebbe all’incirca questo: la Stele dell’Inventario che ha forma rettangolare non fu costruita a caso, ma secondo precisi principi e regole del Rettangolo Aureo e Dinamico. Se si prende la base della stele come lato e si alza (dinamizza) in verticale (fig. 2) si ottiene un quadrato. Se la diagonale di questo quadrato si alza in piedi si ottiene un rettangolo. La diagonale del rettangolo appena ottenuto “dinamizzata” o alzata in verticale porta alla formazione di un nuovo rettangolo che con stupore si ferma proprio sul lato superiore orizzontale della stella. È la risposta che la stele non fu concepita a vanvera in quanto forma, ma doveva soddisfare i principi dinamici del rettangolo aureo.
Ora passiamo al rettangolo interno, che contiene la scrittura geroglifica (fig. 2). La base del rettangolo interno alzata in verticale realizza un quadrato. La diagonale del quadrato alzata di nuovo in piedi realizza un rettangolo. La diagonale del rettangolo ottenuto procede nello stesso modo realizzando un nuovo rettangolo, che ha il dono di lasciarci stupiti poiché si chiude proprio al limite superiore della Stele dell'Inventario. Come mai? Un caso? No, piuttosto una giusta applicazione del canone del rettangolo aureo o dinamico ottenuto in due passi diagonalizzanti ossia del secondo grado.
Si constata il fatto che sia il contorno esterno della Stele, sia quello interno della scrittura geroglifica compongono due rettangoli dinamizzati del secondo grado in perfetta armonia. Colui che ha concepito e realizzato la Stele dell’Inventario ha tenuto conto di ciò, applicando rigidamente le regole “dinamiche”. E tutto ciò sarebbe soltanto l’inizio poiché all’interno della struttura emergono altri rettangoli tutti di grande importanza che trasmettono strepitose informazioni e messaggi. Com’è ben visibile sui bordi laterali ci sono incanalate linee parallele all’interno delle quali sono inserite scritte geroglifiche. Queste linee servono a delimitare altri rettangoli aurei in un ingranaggio impressionante che fa trapelare una scienza meravigliosa della quale egittologi e comunità scientifica sono ancora ignari.
Ora vediamo l’interrelazione tra i due rettangoli, quello esterno e quello interno dei geroglifici (fig. 3). Prendendo come base per il quadrato di partenza la distanza tra il margine basale esterno destro e il margine interno del rettangolo interno e alzandola in verticale si ottiene il quadrato. La diagonale del quadrato ottenuto dinamizzandola ci porta a un rettangolo che si chiude proprio sulla linea superiore che contiene i geroglifici. Molto interessante e nello stesso tempo dimostrazione del perché la linea orizzontale dei geroglifici esterni fu tracciata proprio in quel punto. Man mano ci si addentra in un campo nuovo e affascinante quello della “Logosarcheologia”. Da questo terzo rettangolo realizzato detto d’interferenza, incomincia una lunga Odissea d’interazioni che ci porterà a scoprire segreti impressionanti totalmente inaspettati dove padroneggia un nuovo linguaggio assieme al suo Alfabeto. Siamo all’alba della “Logarcheologia” o “Logosarcheologia”, un’Archeologia sperimentale che supera la perenne litania descrittiva della vita quotidiana dell’allora Egitto, iniziando infine ad abbordare la ragione nascosta dei reperti, specialmente il loro messaggio superiore, la loro scienza espressa attraverso il Logos situato aldilà della lettura diretta finora fatta.
Nella figura numero tre quella del Rettangolo d’interferenza si constata con stupore che il lato superiore del quadrato già “dinamizzato” dalla diagonale si sovrappone esattamente sulla linea che separa le due super cartucce di geroglifici del rettangolo interno. Come mai e perché la linea cade proprio là? E poi perché all’interno del rettangolo le tre fasce inferiori di geroglifici sono simili sia come scrittura sia come intensità e colore della superficie mentre nella fascia superiore la scrittura è differente, la superficie più liscia e persino il colore è leggermente diverso. La risposta è data nella (fig. 4) dove nel rettangolo interno attraverso questo spartiacque di geroglifici e colore più la linea di demarcazione tra le fasce si voleva suggerire intuitivamente il modello del “rettangolo faraonico dinamico”. E miracolo, la diagonale interna “D” alzata in piedi combacia perfettamente con l’altezza “h” del rettangolo.
Che vorrebbero dire tutte queste proiezioni espresse in rapporti così ben determinati? Per momento esse impongono un’impostazione generalizzante inquadrando la situazione dei rapporti. Sembra non fosse semplice caso ma pur “quantismo semantico” poiché le due parole: QUADRATO e INQUADRARE hanno la stessa radice. In questo ordine d’idee il principio Rosetau, l’’inquadrarsi nel quadrato” per svilupparlo in successivi rettangoli secondo le leggi della natura almeno quel geometrico matematiche secondo i canoni di Maat, la dea segretaria del dio egizio Ra. Lo stesso dio Ra nulla poteva senza l’intercessione della dea Maat, il cui nome secondo i codici segreti è niente meno che la MATEMATICA. E ti credo, nessun Dio che si rispetti non contradice la matematica. Secondo il “codice linguistico ancestral universale “ci sono decodificazioni profonde e completamente sconosciute nella parola Rapporto RAPORT che decrittata diventa RA-PORT ossia “Ra è colui che Porta”, o semplicemente “portatore di Ra. La decodificazione ultra segreta è questa: RA = Raggio, ma anche cerchio come ROTAzione, PO è Pi greco, OR è Origine e in fine ORT è ORTHO ossia RETTO, Giusto. In una parola tutto ciò è la PORTA d’entrata nei mondi superiori. Perciò RA-PORT = la PORTA di RA. Letto al contrario secondo il” principio semantico oroborico” RAPORT diventa TROPAR cioè l’antichissima parola romena che vuole dire misuratore di rapporti che poi evolse in TIPAR ossia stampa, matrice.
Il ricercatore transdisciplinare Vasile Droj dimostra in maniera inequivocabile attraverso un percorso di trenta anni di ricerche e dimostrazioni che il fulcro ultra segreto non tanto dei sacerdoti quanto dei super sacerdoti di tutti i popoli antichi che comunicavano tra loro fu il greco-latino di origine carpatica dai tempi di Rama l’eroe civilizzatore, che fu copiato almeno nella zona Nord Africa, Europa, Asia. Quando questa realtà sarà compresa, s’innescherà un'altra rivoluzione copernicana o almeno si accetterà che più tardi nell’epoca copta o tolemaica ebbe un sussulto senza precedenti per re “sintetizzare e rinomare” tutta la storiografia egizia in base agli universali concetti onomasiologici greco latini. O ancor pure, che in base a una misteriosa acquisizione linguistica derivata dalle grafie simboliche dell’alfabeto fenicio, ninnasse come la Fenice, un’ancestrale registro per nominare tutti gli eventi e i nomi etc. Gli scritti universologici dell’autore già dagli inizi degli anni ’90 fanno accenno e provano tali affermazioni.
Ritornando alla nostra stele (fig. 5), la corrispondenza biunivoca tra la parte della quadratura esterna e le fasce interne con i geroglifici dimostra che esse hanno un’origine comune, che gli autori volevano collegarle in maniera interattiva sia con le immagini dipinte sia con i puri geroglifici. Questa è una novità assoluta nell’Egittologia anche se l’autore Vasile Droj la presentò già nel 1990 al Congresso Mondiale di Egittologia di Torino, Italia. Frutto ed eco di tutto ciò fu il suo libro “Il Codice di Pensiero Ancestral Universale – Arcana delle Piramidi”, Edizioni Universologia, 1995.
UNA SCRITTURA IPERTESTUALE E IPERSPAZIALE
Ora addentriamoci velocemente nel nuovo linguaggio espresso da una scrittura ipertestuale e iperspaziale completamente sconosciuta. Questa scrittura non è lineare come quella che Champolion decifrò sulla stele di Rosetta, ma pluridirezionale e ultraspaziale, dove tutto si connette con tutto. Qualcosa d’impressionante che accanto alla comunicazione diretta della normale informazione lineare diventa un'interconnessiona multipla, una complessa visione sistemica, una grande conoscenza anzi metaconoscenza. Questo genere di scrittura espressione di un linguagio universale era utilizzata più per allenarsi e mantenersi in uno stato di allargamento cerebrale.
Ecco come funzionava e funziona tuttora il nuovo linguaggio: le operazioni finora fatte in relazione ai vari rettangoli dinamici servono a far “inquadrare” e indicare le linee direttrici sulle quali, o vicino alle quali, si trovano i punti nodali. Un genere di “mappa del tesoro” dei pirati che usa indizi nascosti interattivi tra loro per far arrivare infine al luogo del tesoro. Così nella (fig. 6) grazie alla diagonale del rettangolo interiore distinguiamo sul suo percorso in alto nella fascia n°3 la “nave dei pirati”, questa volta una barca di papiro egizio che trasporta un oggetto di forma rettangolare. La curiosità persiste e attaccando l’oggetto geometrico con la riga e il compasso ci imbattiamo niente meno che in un “rettangolo dinamico” di primo grado. Questo vuol dire che la stele ci tiene una lezio magistralis portandoci per mano lungo un filo rosso in una nuova conoscenza. Ecco come funziona il tri-proceso di Rostau: Tessere-Resettare- Restare.
Continuando sul percorso della diagonale come un vero “filo di Arianna” ci imbattiamo in un quadrato più piccolo che per aver più precisione dobbiamo tracciare una seconda diagonale che questa volta finisce nell’angolo superiore destro angolare della linea dei geroglifici esterni. Se la prima diagonale è tangente alla punta della nave e all’angolo sinistro del rettangolino, la seconda diagonale tocca l’angolo del quadrato di base e l’angolo superiore sinistro del rettangolino situato sulla linea base della stricia superiore 4. È tutto preciso come un orologio svizzero.
Ora succede qualcosa che ci toglie il respiro, qualcosa che non abbiamo mai visto finora almeno nell’egittologia classica. Sul margine destro della stelle in alto dove scende la colonna verticale di geroglifici, c’è un geroglifico di forma triangolare che imita la piramide. L’autore della scoperta osservò che il lato sinistro del geroglifico si prolunga leggermente interrotto in basso per non dare troppo agli occhi verso l’nterno del rettangolo presente nalla barca solare. Continuando la stessa linea prima per l’angolo superiore destro del rettangolino, come diagonale, poi per l’angolo superiore destro del rettangolo presente nella barca atraverso il centro della linea superioe del quadrato poi l’angolo basale sinistro per finire a lunga distanza niente meno che nell’angolo basale sinistro del grande rettangolo, là da dove partirono le altre due diagonali. Veramente impressionante.
A questa terza diagonale stupisce l’ingegnosità dei creatori della stele, quella di incaricare un geroglifico come capostpite di una lunga fila di connessioni “trinfiliche”, almeno “tre in fila” retta, cioè non a caso, così come descrive l’autore nel libro sopracitato. In questo caso abbiamo ben sette punti in fila che eliminano ogni ombra di dubbio sul fatto che i contatti fossero casuali. Il gran segreto giace in questo geroglifico di forma triangolare che allude alla sagoma piramidale.
27.10.2016
Autore:
Vasile Droj
Ricercatore Transdisciplinare
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